"Il ragazzo selvatico" - Paolo Cognetti
- Alessia Masciocchi
- 1 ott 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Ciao bellezze!
Ho letto questo libro tutto di un fiato! E poi, stiamo parlando di Cognetti: la recensione è d'obbligo. Spero vi piaccia e vi stimoli a leggere questo libro, o anche qualcos'altro di lui (vi lascio altre recensioni in fondo alla pagina)
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Genere: narrativa autobiografica
Contenuto
Cognetti, all’età di trent’anni, decide di fare ritorno alla montagna per lasciarsi per un po’ di tempo alle spalle la città e per ritrovare l’ispirazione per scrivere. Si reca in una baita in una valle vicino ai luoghi che aveva frequentato fino ai vent’anni. Cercherà sì di convivere con se stesso e con la solitudine, ma durante la primavera la valle inizierà ad abitarsi: prima arriveranno gli animali, poi delle persone con cui l’autore farà conoscenza e da cui trarrà molti insegnamenti, sia di vita generale che di vita in montagna.
Mi azzarderei a dire che il tema principale è quello della soggettività del tempo: a volte sembra scorrere velocemente, altre sembra non passare mai. Questo tema accomuna tutti i personaggi, i capitoli sono scanditi dalle stagioni, la scrittura stessa sembra prendere tempo o accelerare.
Ho deciso di proporvi questo libro perché questo autore mi piace tantissimo, sia per i temi che tratta che per il modo che ha di scrivere. Ho letto i suoi libri dall’ultimo andando indietro nel tempo (mi manca solo “Sofia si veste sempre di nero”, tra i più famosi) e malgrado molti mi dicano che prima di “Le otto montagne” non avesse una scrittura bella, io non lo credo affatto: è semplicemente diversa.
Come mai dico che la sua scrittura è diversa?
Il primo suo libro che ho letto è “La felicità del lupo”: devo dire che qui il suo stile di scrittura è composto da periodi – e paragrafi – molto brevi. Penso che riducendo i periodi alla semplicità più pura, come ha fatto intelligentemente Cognetti nel suo penultimo libro, possa aver reso il testo molto più scorrevole.
Oggi, leggendo “Il ragazzo selvatico”, noto dei periodi più lunghi, un minor numero di dialoghi, dei paragrafi notevolmente più lunghi. Ma una cosa non manca: nei primi libri Cognetti riusciva già a trasmettere le sensazioni – soprattutto visive e uditive – tramite aggettivi ben scelti in modo da essere il più sintetico possibile e arrivare dritto al punto, senza troppi giri di parole.
Mi sono segnata qualche punto interessante:
Il tempo che non passa quando si hanno sentimenti negativi
Il dialetto della valle: ricco di lessico per le cose pratiche, ma povero a livello sensoriale
“Casa”: cosa vuol dire? “Casa mia” o “Da me”?
L’esperienza in rifugio come condivisione di un bisogno
La letteratura che fa stringere i legami: chi si avvicina ai classici e chi li evita per darsi ad altri generi
Tornando al dialetto: vi sono toponimi anche per posti non abitati
Il tema dell’uomo che sovrasta la natura (pervade molti pensieri di Cognetti)
Il ricorrente toponimo di Fontane usato in quasi tutti i libri
La differenza tra i pastori (berger) che sono “nomadi” e i vaccari (vacher) che sono “sedentari” negli alpeggi.
La gioia che riempie Cognetti nel passare dei momenti nella natura più selvaggia, momenti che sono impregnati di gioia maggiore rispetto al raggiungere le croci di vetta.
Conclusione
Consiglio questo libro in primo luogo a tutti quelli che hanno letto almeno un libro di Cognetti, giusto per farsi un’idea di com’era questo autore circa dieci anni fa.
Per chi non avesse mai letto Cognetti: iniziate assolutamente questo libro e vi appassionerete degli argomenti che tratta, del modo in cui li tratta – insomma – del libro in generale!
Bellezze, spero proprio che questa recensione vi sia piaciuta e che vi trasmetta della "sete di conoscenza". Lasciate pure un cuoricino o un commento, e se avete voglia condividete pure!
Complimenti sei una brava relatrice