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Montagna e responsabilità

Come bisogna affrontare la montagna?

Ovviamente con rispetto, questo non dovuto solo alla flora e alla fauna locale – come ci potrebbe venire in mente di primo acchito – ma anche ad altri aspetti, come le popolazioni del luogo. Ma questi sono gli aspetti più esteriori. Anche il modo di approcciarsi alla montagna è molto importante: l’umiltà e la prudenza sono le virtù essenziali per sopravvivere. Si dovrebbe lasciare spazio ad ognuno per esprimere la propria personalità: Luca vorrebbe immergersi nel silenzio e nel sublime della montagna, Giulia vorrebbe vivere l’escursione guardando attentamente il cambiamento nell’ecosistema man mano che si prende quota, Misha potrebbe vedere l’ascesa come un mero gesto atletico.


O perché non prendere una bella camminata come occasione per stare con i propri amici, divertirsi e vivere nello spirito della condivisione? Tutte queste sono accezioni che persone diverse hanno dell’idea della montagna, e per questo hanno il diritto di essere rispettate, sempre ricordando le virtù di prudenza e di umiltà.


La consapevolezza è la terza virtù da avere sempre nel fiaschetto! Si sa che la montagna offre continuamente scorci e panorami che lasciano senza fiato, ma non si può dimenticare che, pur essendo assidui frequentatori della montagna, non siamo dei veggenti: possiamo evitare di fare una salita alpinistica se il bollettino è allarmante, ma non potremo scongiurare pericoli come frane. La consapevolezza sta nell’accettare che il rischio – se riusciamo a notarlo in tempo – è esistente e saper tornare indietro dato che quella montagna esiste da più tempo di noi e continuerà a essere lì.


I partecipanti a una gita (tra amici, con Guide Alpine, AMM o GEA) devono far loro questi aspetti della montagna.

Come molti sanno l’accompagnatore ha la maggior parte delle responsabilità, ma l’accompagnato deve stare alle indicazioni del capo gita: dove mettere i piedi, come assicurarsi, etc., altrimenti potrebbe andare nei guai.

 


 

Accompagnamento e accompagnatori

Possiamo tutti accedere alle montagne, ma dobbiamo anche essere consapevoli che frequentarle porta all’assunzione di un rischio (in parte gestibile, in parte non eliminabile). Possiamo anche decidere se fare un’attività da soli (dove saremo totalmente a carico del rischio) oppure in compagnia o con le varie figure che lavorano nell’ambito della montagna.

In base a questo la graduazione del rischio che si intende accettare risulterà differente: ad esempio, chi decide di essere accompagnato si troverà in una posizione garantita rispetto ai possibili eventi dannosi, ma perché ciò possa essere possibile è necessario un rapporto di accompagnamento.


Cosa significa accompagnamento?

“Attività umana per cui l’accompagnatore (come professionista, come socio, amico o per cortesia) si unisce a una o più persone (accompagnati) accettando espressamente o tacitamente di collaborare con loro e proteggerli in misura corrispondente alle proprie competenze."


Perché ci si rivolge a un accompagnatore?

Innanzitutto per ridurre il rischio che si intende assumere (anche e questo non sarà mai pari a zero). L’accompagnatore avrà un potere direttivo con il secondo (e gli altri a catena) in un rapporto di subordinazione. Per questo motivo anche il secondo, se dovesse avere maggiori competenze del terzo, si assumerebbe parte del rischio.


Accompagnamento in senso giuridico: quali sono le condizioni? Chi ne è escluso?

Per parlare di accompagnamento in senso giuridico occorre che la relazione tra coloro che si recano in montagna abbia come finalità il trasferimento di una parte di rischio dall’accompagnato all’accompagnatore, oltre all’integrare i limiti dell’esperienza e delle capacità tecniche dell’accompagnato, il quale senza accompagnatore non avrebbe potuto intraprendere il percorso.


Non sarà invece accompagnatore in senso giuridico chi (dal socio alla Guida Alpina) accompagna senza la finalità di integrare i limiti dell’accompagnato.

Chi organizza la gita non è un accompagnatore in senso giuridico, a meno che abbia anche il ruolo di colui che si assume in proprio il rischio altrui.

Un rapporto di accompagnamento richiede sempre un consenso, che sia espresso o tacito poco importa!


Chi sono gli accompagnatori?

Si dividono in due gruppi:

·       Professionali (iscritti ad albi e operanti per ottenere un corrispettivo (es. Guida Alpina, Guida Vulcanologica, Guida Speleologica e altre professioni regionali quali AMM o GEA);

·       Non professionali o volontari, che si dividono in due tipologie:

o   Qualificati: istruttori o accompagnatori titolati del CAI;

o   Non qualificati: chi accompagna per associazioni, per amici o per cortesia.

 


 

La responsabilità in montagna

L’accompagnamento propriamente inteso costituisce una possibile fonte di responsabilità. La responsabilità è un obbligo posto a carico di un soggetto di sottostare a una sanzione prevista per un comportamento contrario al diritto.


Responsabilità penale

·       Ha come sanzione l’obbligo di sottostare a una pena (detentiva o pecuniaria);

·       È di natura strettamente personale, quindi non può essere trasmessa in capo ad altri;

·       Dei casi di rilevanza possono essere: l’omicidio colposo, le lesioni personali colpose e l’omissione di soccorso.

·       Un altro caso è quello dell’accompagnatore volontario che chiede un compenso (non solo il rimborso delle spese, che è consentito): si entrerebbe nel campo dell’esercizio abusivo di una professione.


Responsabilità civile

·       La sanzione qui consiste nell’obbligo di ripristinare la situazione anteriore alla condotta contraria alla norma, o, ove non fosse possibile, di risarcire il danno.

·       La sanzione in questo caso può essere trasferita su un atro soggetto (solitamente tramite le coperture assicurative).

·       Sono diverse le fonti da cui deriva tale responsabilità:


Responsabilità contrattuale

§  Quando trae origine da un rapporto contrattuale o obbligatorio e consegue alla violazione o all’inadempimento degli obblighi stabiliti.

§  Peculiarità: una volta comprovata l’esistenza del contratto e di un danno ricollegabile alla condotta od omissione dell’accompagnatore, sarà egli stesso ad avere l’onere di provare “che l’inadempimento o il ritardo nella prestazione è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivata da causa a lui non imputabile” (art. 1218 c.c.)


Responsabilità extracontrattuale (o aquiliana)

§  Insorge quando vi è un fatto o un atto illecito che ha violato il generale divieto di arrecare ad altri un danno ingiusto.

§  (art. 2043 c.c.) “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

§  L’onere di provare (elemento soggettivo, normalmente la colpa) viene postulato, quindi l’evento dannoso e l’ingiustizia del danno sono solitamente a carico del danneggiato. Ma ci sono delle eccezioni:

§  Danno cagionato dall’incapace (art 2047 c.c.): il risarcimento è dovuto da chi fa sorveglianza (salvo prove di impossibile impedimento del fatto).

§  Responsabilità dei precettori e dei maestri d’arte (art. 2048 c.c.): danno cagionato da allievi sotto la loro vigilanza (sempre salvo prove che verifichino l’impossibilità di impedire il fatto).

§  Danno cagionato nello svolgimento di attività pericolosa (art. 2050 c.c.) per sua natura o per la natura dei mezzi operati (eccezione se si prova di aver utilizzato tutte le misure idonee a evitare il danno)


Responsabilità da contatto sociale

§  Si basa su una particolare relazione: il contatto qualificato, preesistente all’evento dannoso.

§  Vi è l’affidamento da una parte e l’obbligo di protezione da parte dell’altra persona.

§  Viene assimilato, ai fini dell’inquadramento processuale, alla responsabilità contrattuale. 


Responsabilità amministrativa

Entra in gioco quando vi sono violazioni di disposizioni amministrative, sanzionate in modo diversificato (dal pagamento di una somma alla revoca di autorizzazioni all’esercizio di attività)


Responsabilità disciplinare

·       Tipica degli appartenenti agli albi o registri.

·       Si ha quando vi sono violazioni delle regole di condotta (deontologiche) proprie di queste figure.

·       Sanzioni: ammonizione, censura, sospensione o radiazione

 

La responsabilità da contatto sociale e il volontariato

Riprendiamo il concetto di “contatto sociale qualificato” – una delle possibili fonti di responsabilità civile: esso è presente nei rapporti giuridici rilevanti e non è basato su un contratto ma vi è come requisito la presenza di due parti, una che si affida e l’altra che ha l’obbligo di collaborazione e protezione.


La giurisprudenza ha preso in considerazione che i contatti sociali sono tutti caratterizzati da una particolare qualificazione o professionalità del soggetto garante – che ha le stesse responsabilità ad esempio di un medico in ospedale o di una maestra a scuola.


Il dibattito è ora aperto, ma è giusto interrogarsi sulla fonte di responsabilità del contatto sociale (assimilata dalla giurisprudenza a quella contrattuale) anche nell’ambito del volontariato – specie CAI (dove gli accompagnatori non sono qualificati al contrario dei degli istruttori).


Quindi ci domandiamo: In un sistema normativo che tratta il contatto sociale come una responsabilità civile derivata da contratto, è coerente che il soggetto garante (volontario) sia esente dall’obbligo di prestazione e obbligato alla gratuità?


Prendiamo il concetto di prestazione: in nessun caso l’attività svolta da un volontario può esserlo proprio per l’obbligo di gratuità, il quale esclude la connotazione di “patrimonialità”.

Inoltre va considerato che il modello del “contatto sociale” si basa su degli approfondimenti dei rapporti contrattuali, il che fa sorgere obbligazioni contrattuali in assenza di contratto e, di conseguenza, include un rapporto giuridico patrimoniale. Nuovamente ci troviamo davanti all’ambiguità della patrimonialità della prestazione: essa è sempre estranea a un rapporto basato sul volontariato!

 


 

La colpa e il nesso di causalità

La colpa

La colpa è l’elemento soggettivo a cui si fa normalmente riferimento nel campo delle responsabilità. Il concetto di colpa è riferito sia al diritto penale che a quello civile (art. 43 codice penale “colposo, o contro le intenzioni, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”). Base della colpa deve essere l’assenza di volontà dell’evento dannoso, altrimenti si parlerebbe di dolo.


Si parla di colpa in senso generico nei casi di negligenza, imprudenza o imperizia: vale a dire l’inosservanza delle regole di condotta che porta a eventi dannosi perché tali regole non vengono seguite.


·       Regole di diligenza:

o   Prevedono le modalità con cui vanno compiute le azioni, il mancato rispetto viene definito negligenza.

o   È negligente, per esempio, partire per un’ascensione senza aver controllato la propria attrezzatura e quella dell’accompagnato.

·       Regole di prudenza:

o   Vietano di compiere certe azioni o di compierle in certe modalità.

o   Un esempio di imprudenza è quello di iniziare un’escursione in caso di forte maltempo o di previsione di esso.

·       Regole di perizia:

o   Prescrivono l’osservanza di particolari tecniche e la messa in pratica di conoscenze per il compimento di una determinata attività.

o   È imperizia la mancanza di impiego di tali nozioni, dell’abilità e della preparazione tecnica richiesta per svolgere certe funzioni. Ne è un esempio l’errato posizionamento di un ancoraggio che provoca la caduta dell’accompagnato.


Viene definita colpa specifica quella connessa alla violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline. È un caso in cui vi sono norme destinate a tutti, a particolari soggetti o a singoli dettate in funzione preventiva. Tali disposizioni esprimono un giudizio di prevedibilità, alla cui base ci sono le esperienze e le conoscenze acquisite. Dalla violazione di queste norme potrebbe derivare un evento dannoso (non necessariamente, ma nel caso succedesse la responsabilità verrebbe immediatamente addossata all’accompagnatore).


Il nesso di causalità

Tra la condotta, attiva od omissiva, e l’evento dannoso deve sussistere un nesso di causalità: senza quel tipo di condotta o non omettendo qualcosa non si sarebbe verificato quello specifico evento.


Si tratta di un elemento necessario perché possano ritenersi sussistenti sia una responsabilità contrattuale (art. 1223 c.c. “sono risarcibili i danni da inadempimento in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”), sia una responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c. il danno deve essere “cagionato"), sia una responsabilità penale (art. 40 “se l’evento dannoso o pericoloso da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”.


Nel passato i criteri utilizzati per individuare la presenza di un nesso di causalità erano i medesimi sia nel civile che nel penale, da poco la Suprema Corte ha deciso per una distinzione netta dei criteri:

·       In sede penale si può ritenere sussistente il nesso di causalità in una situazione che si avvicina alla certezza.

·       In sede civile è sufficiente, invece, che la relazione di probabilità sia di “più probabile che non”.

 


 

Condotta dell’accompagnatore e dell’accompagnato

LA CONDOTTA DELL'ACCOMPAGNATORE

L’accompagnatore ha a carico dei precisi doveri di informazione e di avviso, oltre agli obblighi di protezione (di avviso, informazione, comunicazione, custodia, cooperazione e conservazione). Essi sono caratterizzati dalla reciprocità: significa che sono presenti anche nell’accompagnato.


È dunque necessario che l’accompagnatore informi e avvisi in modo dettagliato l’accompagnato, soprattutto sottolineando che:

·       Frequentare la montagna comporta dei rischi oggettivi, legati all’ambiente naturale e graduati in base al percorso che si sceglie;

·       I rischi non possono essere mai completamente eliminati, nemmeno dal più esperto;

·       L’accompagnatore è il garante della sicurezza, quindi l’accompagnato ha il dovere di subordinazione, soggezione e analoghi doveri di protezione;

·       L’accompagnato è tenuto alle stesse regole di diligenza e correttezza a cui è tenuto l’accompagnatore.

·       Nel caso in cui accada un evento dannoso ed esso fosse riconducibile esclusivamente a una violazione delle regole di diligenza e correttezza da parte dell’accompagnato, si avrebbe l’interruzione del nesso di causalità e nessun addebito potrebbe accumularsi a carico dell’accompagnatore.


Seguendo queste regole, non solo risulterà adempito il compito di informazione, ma l’accompagnato sarà consapevole, avvisato e informato. Egli avrà la possibilità di richiedere il rilascio di una conforme “attestazione di consapevolezza, di intervenuto avviso e di informazione”.


Tutto ciò però non sarà mai equiparabile a un (impossibile) esonero dalle responsabilità, ne consegue, quindi, che è nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o limitazione di responsabilità, soprattutto se connesso a obblighi derivanti da norme pubbliche. Si tratta solo, per l’accompagnatore, di avere uno strumento per attestare di avere ottemperato all’obbligo di informazione.


LA CONDOTTA DELL'ACCOMPAGNATO

Come abbiamo potuto dedurre dalla parte precedente, l’accompagnato diventa coprotagonista dell’esperienza alpinistica o escursionistica. Questo perché gli obblighi dell’accompagnatore (informazione e protezione) gravano anche sull’accompagnato.

Prendiamo come esempio un’escursione alla quale X vorrebbe essere accompagnato: l’accompagnatore lo informerà sulla difficoltà, i pericoli, l’attrezzatura necessaria e lo stato fisico necessario. Se X accetterà l’accompagnamento dicendo di possedere tutti i requisiti validi, X sarà ritenuto informato.


Quindi, come persona informata, sarà necessario che presti la massima attenzione agli obblighi e ai doveri di protezione di competenza ( avviso, informazione, custodia, comunicazione, cooperazione, conservazione).


Tornando all’esempio, X si trova ora in una situazione dove ci sono sia un rapporto di accompagnamento che il principio di autoresponsabilità: dopo essere stato informato dovrà comportarsi secondo le norme e sottostare agli obblighi.


Il principio di autoresponsabilità è desumibile dall’art. 1227 c.c. ma anche dal dovere di solidarietà sociale previsto dall’art.2 della Costituzione, inteso come “strumento per indurre anche gli eventuali danneggiati a contribuire affinché un pregiudizio non si verifichi ed è finalizzato a ottenere una migliore ripartizione dei compiti tra danneggiante e vittima”.

La presenza di una condotta colposa da parte dell’accompagnato e il suo peso nella valutazione dell’illecito è stata considerata rilevabile d’ufficio. Ma cosa significa?


Torniamo a X: si trova su una salita alpinistica e non si comporta in modo corretto, mettendo a rischio sia se stesso che il suo accompagnatore. La sua disattenzione lo porta a cadere e farsi del male. Bisognerà presentare l’incidente a un giudice: se egli, tramite la ricostruzione dei fatti, dovesse rilevare violazioni da parte dell’accompagnato X ne dovrebbe tener conto come inadempimento di una responsabilità concorrente.

 


 

Responsabilità all’art. 2050 del C.C.

Iniziamo prendendo in considerazione l’art. 2050 del Codice Civile in tema di responsabilità per fatto illecito o extracontrattuale:

chiunque cagiona un danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno


Ora, senza andare ad analizzare i casi specifici (una caduta in ferrata e il crollo di una roccia durante un’attività alpinistica), questo articolo è stato applicato senza specifiche argomentazioni comprovanti che l’alpinismo potesse definirsi pericoloso per sua natura e nemmeno per la natura dei mezzi utilizzati.


Andrebbe ricordato che gli indici prevalenti della pericolosità dovrebbero ricavarsi dall’elevata probabilità che si verifichi un danno e dalla differente posizione tra chi esercita l’attività e chi, indipendentemente dal modo, la subisce senza potervi influire. La norma risulta però inapplicabile per due ragioni:

·       La probabilità che l’alpinista o l’escursionista provochino ad altri un danno per quello che fanno o per le attrezzature che impiegano è statisticamente irrilevante;

·       Le posizioni del rapporto di accompagnamento non sono differenziabili (come abbiamo visto nell’articolo precedente).


Ho riassunto il più possibile, omettendo esempi troppo dettagliati in cui entravano in gioco l’esperienza e il tipo di livello di corso (in entrambi i casi si trattava di un corso).


Il punto focale è che l’art. 2050 c.c. da solo non basta, il giudice può rilevare d’ufficio tramite la ricostruzione dell’accaduto da parte delle parti – e degli eventuali testimoni, e agire di conseguenza.

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